Com’è nato il rapporto col rugby e col Rugby Mantova?
“La passione mi è stata trasmessa da mio fratello che giocava a rugby da prima di me. All’età di 15 anni, nel 1982, ho conosciuto questa società, iniziando prima nelle formazioni giovanili, per arrivare poi ad esordire nella squadra riserve quando avevo 18 anni. Sono rimasto nell’orbita del Rubgy Mantova, impiegato come seconda linea, senza mai cambiare squadra, fino a 35 anni. Ho avuto la fortuna di vivere la prima promozione in Serie B e la festa che ne seguì. Purtroppo la stagione successiva non riuscimmo a mantenere la categoria, seppur lottammo per tutta la stagione, anche per via di un girone particolarmente difficile.
Mi ricordo una squadra con tanto entusiasmo e voglia di divertirsi in ogni partita. Il gioco era meno dinamico rispetto a quello attuale, ma personalmente lo apprezzavo di più. Una volta terminato il mio periodo in prima squadra rimasi a giocare nella formazione Old per qualche anno.
Sebbene non abbia mai ricoperto incarichi dirigenziali, sono stato impegnato nel progetto di realizzazione della club house che con gli anni è diventato un importante luogo di ritrovo per i tifosi e le diverse squadre”.
Dato che stiamo entrando nel vivo della campagna tesseramenti, consiglierebbe il rugby ai giovani?
“Ho due nipoti che giocano a rugby (più una figlia di 9 anni, chissà se in futuro …) , quindi sono completamente d’accordo sul fatto di consigliare questo sport ai genitori per i propri figli. Aiuta sicuramente a sviluppare lo spirito di squadra, una forte disciplina e la voglia di non mollare mai. Col tempo, i compagni di squadra diventano una vera e propria famiglia, su cui contare anche per questioni extrasportive”.
(Foto gentilmente messa a disposizione dall'intervistato)